Natura e paesaggio
impegno verso l'ambiente
PREMESSA
Contesto naturalistico e paesaggistico
Il Castello di Pergine (650 m s.l.m.) sorge sulla sommità di un colle boscato – con importanti piante monumentali – da cui domina la piana e le alture del Perginese. Dalla sua posizione privilegiata lo sguardo spazia su gran parte dell’alta Valsugana: a sud il lago di Caldonazzo e la sovrastante Vigolana, a ovest la Marzola, il monte Celva, il Calisio e il paese di Civezzano; a nord le alture che fanno da contrafforte all’Altopiano di Piné, verso est le cime della valle del Fersina.
Le aree verdi dentro e fuori le mura – che rientrano in un Sito di importanza comunitaria – sono ricche di caducifoglie (carpini, olmi, tigli, ornielli, frassini, querce, aceri…) e numerosi sentieri percorrono il colle tra i boschi, fino ai prati i cui toponimi evocano antiche frequentazioni, come il Prà del Croz de l’Oz Cuel.
Le mura del castello, che è posto sulla sommità rupestre del dosso, circoscrivono una superficie di 13.500 mq, alla quale si aggiungono prati e boschi per più di 156.500 mq fuori dalle mura. Le cinture murarie fanno capo alla Torre Quadrata e corrono sui lati meno protetti dalla natura dei luoghi disegnando, nel seguirne la morfologia, un’ellisse concava verso meridione, dove trovano luogo pareti rocciose inaccessibili. Più dolce e modulato il declivio che digrada verso Pergine, frequentato da sempre dagli abitanti del circondario.
Questo paesaggio di pregio è il contrappunto all’importanza storica e architettonica del complesso castellare: alla conservazione del bene, alla conoscenza e alla divulgazione favorite dal libero accesso a chiunque lo voglia frequentare si affiancano attività di cura e tutela del verde e politiche ambientali finalizzate a un uso corretto delle risorse, per seguire e mettere in pratica alcuni comportamenti virtuosi.
POLITICA AMBIENTALE
- gestione delle aree verdi: sfalcio dei prati, scelta e cura delle piante da giardino e dei rampicanti (già danneggiati dalla tempesta di fine ottobre 2018), rispetto per la morfologia del suolo che presenta un delicato connubio di rocce, muschi, componenti vegetazionali, conservando e valorizzando la memoria dei luoghi; tutela e valorizzazione del Sic, nonché degli alberi monumentali presenti nel parco e lungo la strada;
- strutture e arredi naturali per esterni a basso impatto e reimpiego arredi recuperati per interni: utilizzo di preesistenti panchine, cestini, recinzioni e dissuasori; supporti per cartellonistica a basso costo reimpiegando vecchie strutture e puntando sulla comunicazione visiva a scopo informativo e formativo del pubblico. La scelta di tali elementi si basa sull’analisi di funzionalità, durevolezza e sicurezza, valenza estetica, fattori economici e soprattutto sul reimpiego di quanto presente in loco o messo a disposizione gratuitamente da prestatori, pur con riguardo al contesto storico;
- prestazioni energetiche: consapevole che il consumo energetico è una voce pesante sul bilancio ambientale del castello, la Fondazione è alla ricerca di soluzioni, soprattutto legate all’utilizzo di fonti rinnovabili; oculati sono stati gli investimenti tecnologici per il rinnovamento delle cucine a basso consumo di acqua ed energia; illuminazione esterna a consumo contenuto e alta efficacia (in accordo con Stet);
- supporti marketing e comunicazione: contenimento dei costi e degli sprechi tramite la scelta di formature adeguate e riduzione degli scarti; impiego di carta con cellulosa di provenienza certificata e di inchiostri a base vegetale; stampa secondo criteri certificati di responsabilità ambientale, sociale ed etica.
CULTURA AMBIENTALE E DIFFUSIONE DI BUONE PRATICHE
La cultura, anche in tema ambientale, si basa sulla conoscenza. La Fondazione CastelPergine Onlus, oltre a rendere pubbliche le proprie prassi attraverso il sito web, propone incontri dedicati al patrimonio naturalistico del Castello, itinerari storico-naturalistici, approfondimenti sulla specificità del paesaggio.
Grazie all’attivazione di volontari e organizzazioni ambientaliste organizza le “giornate ecologiche” dedicate alla pulizia del colle del castello.
UNA STORIA MILLENARIA… e oggi?
Oggi dobbiamo salvaguardare il Castello di Pergine e le sue terre, bene della comunità, dalla minaccia rappresentata dal nuovo tracciato di progetto dell’elettrodotto aereo, chiedendo l’interramento dell’infrastruttura
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Linea elettrica ad alta tensione
AREE ESCLUSE DAGLI SFALCI PERIODICI
I prati fioriti del Castello sono punti nevralgici della biodiversità, tutelata anche riducendo lo sfalcio. Le aree sfalciate in modo differenziato dopo la fioritura sono destinate alla crescita di fiori spontanei ed erbe selvatiche che, con la loro presenza, contribuiscono alla conservazione della biodiversità. Costituiscono, inoltre, l’habitat ideale per gli insetti impollinatori, che svolgono un importante lavoro per la salute dell’ecosistema. L’obiettivo è garantire che le piante si riproducano a sufficienza, che gli insetti trovino cibo e che i piccoli animali possano nascondersi. Il giusto ritmo di sfalcio favorisce la fioritura di un prato biodiverso e rafforza la crescita delle piante.
PASSEGGIATA NATURALISTICA SULLE RIVE DEL CASTELLO DI PERGINE 18.10.2020
Appunti sul paesaggio vegetale tratti nel corso della passeggiata naturalistica
Pian de la Panizza
(Carmelo Anderle)
Nella breve nota introduttiva sulla storia del paesaggio vegetale del “Pian” si fa cenno di un’area prativa esistente, soggetta negli anni ’50 a rimboschimento di conifere (abete rosso, ma non solo, anche pino strobo, douglasia, larice e altre specie esotiche) recentemente compromesso dall’evento VAIA. Attualmente gravemente danneggiata dal bostrico, che ha decimato molte piante di abete rosso portandole a completa seccagione, l’area verrà parzialmente ripristinata allo stato prativo ex ante.
(Lucio Sottovia)
Il percorso inizia lungo il sentiero a monte della loc. Fontanabotte. Dopo una nota geologica sulle antiche rocce metamorfiche appartenenti al Basamento Cristallino, vengono indicate le associazioni arboree ed arbustive a Fico-Orniello, Carpino Nero e Bagolaro, che connotano il ripido versante esposto a sud e in piena assolazione. Si tratta di una vegetazione particolarmente specializzata nell’adattamento all’ambiente rupestre. In particolare le funzioni che queste piante sanno sviluppare, per poter germinare e crescere, stanno nella capacità di esplorare con le radici anche le più piccole fenditure della roccia, alla ricerca delle sostanze nutritive, e di resistere alla generale aridità dell’ambiente e alla sferza del sole cocente e del vento.
Tutta la zona, che comprende anche la culminazione morfologica di Valar e i boschi pedemontani del versante di Vignola, è inserita nella RETE NATURA2000, una estesa trama di aree di alto valore ecologico, istituite in forza di due direttive europee e distribuite sull’intero territorio comunitario. Lo scopo essenziale di questa rete di aree protette è di tutelare alcuni specifici “habitat” e alcune “specie”, vegetali e animali, degne di particolare rispetto per il valore che vi è stato attribuito a livello comunitario. Per questa tutela e per questo rispetto si tratta di trovare le forme più adeguate di coesistenza con le attività umane, in un equilibrio conservativo soddisfacente che tenga conto del legittimo sviluppo economico e sociale sul territorio.
Più avanti, sul versante del Castello un po’ rivolto più a est e leggermente più fresco, troviamo un bosco a dominanza del carpino bianco, caratterizzato da un suolo un po’ acido, ma più continuo e profondo oltreché meglio dotato di umidità rispetto a quello del punto precedente. In questa zona, oltre alla particolare affermazione del Carpino bianco nello strato arboreo, si evidenzia anche l’affermazione del Tiglio, della Rovere e del Castagno e la presenza di un tipico sottobosco di felci e di altre specie nemorali adattate alla copertura boschiva. Siamo di fronte a una rara associazione arborea, che i botanici hanno denominato “Galio-Carpinetum” e che costituisce un dato straordinario dal lato vegetazionale, un unicum nel panorama italiano. Questo particolare assetto boschivo è stato classificato come un habitat specifico di Natura 2000 e porta il codice 9170. L’accennata acidità del suolo, che si deve alla composizione della roccia sottostante, comporta una certa limitazione nello scambio degli elementi nutritivi e nella loro cessione alle piante, ma la vegetazione presente non sembra mostrarne alcun effetto, riuscendo a compensare questa carenza avvalendosi della discreta freschezza del terreno e del riciclo dei sali nutritivi garantito dalle foglie che ogni autunno cadono al suolo. Non ultimo, verosimilmente, il grande contributo che i funghi sotterranei forniscono alle radici degli alberi nell’assunzione degli elementi che ad essi servono. Una simbiosi, quella dei funghi e degli alberi, fra le più conosciute in natura, fra le tante che si potrebbero elencare e che forse non conosciamo ancora bene. La lettiera del bosco, ossia le foglie che ogni anno ritornano al suolo, i funghi, i batteri, i vari altri microorganismi e tutto quanto di vivo si nasconde nel terreno, sono elementi costitutivi e funzionali dell’ecosistema bosco e spesso si nascondono sotto i piedi dell’ignaro frequentatore. Un cenno a tal proposito va dunque alla storia degli usi del bosco e all’impoverimento del terreno forestale causato per secoli – oltre che dalla ceduazione per la produzione di legna da ardere – dalla antica pratica di raccolta della lettiera, ciò che si risolveva nell’asportazione sistematica della sostanza organica di restituzione, impedendo il compiersi del riciclo degli elementi nutritivi ed esponendo i versanti all’erosione superficiale.
Nel corso della passeggiata, verso est, compaiono poi il Larice, la Roverella e ancora la Rovere, assai spesso mescolate a resti del castagneto, lungo tutto il versante verso Zivignago. Qui i larici hanno sostituito, nel tempo, il castagneto da frutto, che è andato via via in abbandono. Il larice per sua natura è, infatti, una pianta di tipo pioniere, capace di insediarsi con facilità nel luoghi dove, per qualche motivo (tagli intensi, abbandono colturale, danni da tempesta ecc.), tutto si apre alla luce e spesso vi è sommovimento del suolo. Ecco quindi che, anche qui, al crollo del castagneto potrebbe in passato essere succeduta progressivamente l’entrata del larice. In vari punti osserviamo inoltre la presenza del mirtillo nero, anch’esso una specie che abbisogna di molta luce e di terreni acidi, come lo sono quelli del colle del castello. La possibilità di un’evoluzione futura per queste zone è in ogni caso affidata ancora una volta alle latifoglie come la Rovere, il Tiglio, il Carpino bianco e il Frassino, le quali, approfittando delle condizioni di rinnovo del suolo date dalle specie “di passaggio”, troveranno senz’altro occasione per riaffermarsi.
Con uno sguardo al versante verso il colle del Valar e le pendici sopra Zivignago, si possono scorgere molti indizi di come ha operato la storia dell’uso del bosco sul paesaggio forestale. Si notano conifere di evidente insediamento artificiale in corrispondenza di alcune aree agricole da tempo abbandonate. Si tratta di rimboschimenti diretti post-abbandono, ma in molti casi la presenza di tali specie, soprattutto Larice e Abete rosso, è da attribuire all’insediamento spontaneo, per disseminazione naturale. Nella trama complessiva del mantello boschivo le diverse colorazioni autunnali degli alberi di latifoglie aiutano a identificare la composizione delle varie specie e spesso anche la loro origine, e a valutarne l’affermazione progressiva o per converso la retrocessione. Sono inoltre evidenti le macchie di colore, date dalle piante di abete rosso ormai compromesse dal bostrico, un insetto che si insedia sotto corteccia degli alberi più sensibili al suo attacco, impedendo il flusso delle linfa con lo scavo di vere e proprie gallerie sottocorticali per la vita delle sue larve. E’ un fatto tipico delle aree boschive di conifere e in alcune annate si evidenzia in modi molto accentuati.
Arrivati alla strada del Castello verso l’ultimo tornante, si notano l’Acero campestre, il Tiglio, il Carpino nero, il Frassino e un boschetto di Roverella, specie autoctone e da lungo tempo presenti, spesso con diametri del tronco davvero ragguardevoli. Sugli spuntoni rocciosi più magri ed esposti non è raro osservare la presenza del pino silvestre, una specie particolarmente frugale in quanto a necessità di fertilità e capace di vegetare nei punti più poveri e impervi dove altre specie non riescono.
Proseguendo anche come quota, lungo il sentiero “circolare” sotto le mura, sempre all’esterno, da poco ripulito e ripristinato dalla vegetazione (Servizio per il Sostegno occupazionale e la Valorizzazione ambientale), è possibile ammirare l’insieme delle forme del Castello e le sue possenti mura. Il dott. Sottovia, indicando il versante del Monte Orno, accenna anche alla crescente perdita della qualità dei prati da sfalcio, che vanno via via impoverendosi delle specie costitutive a causa di concimazioni sempre più intense. Si tratta di un fenomeno ormai molto diffuso che sta portando grave depauperamento di biodiversità e di valore paesaggistico ambientale del territorio.
Lucio Sottovia e Giampaolo Dalmeri
Lucio Sottovia è direttore dell’Ufficio Biodiversità e Rete Natura 2000
Servizio Sviluppo sostenibile e aree protette
Provincia Autonoma di Trento
Giampaolo Dalmeri geologo, già conservatore della sezione di Preistoria del Muse, ha preso parte a numerose campagne di scavo archeologico regionali ed extraregionali